martedì 29 marzo 2011

Dedicata a Karol Wojtyla


L’eco della Speranza

Ti ho visto
quando, sano e vigoroso,
giravi per il mondo e predicavi pace,
chinandoti a baciare la terra su cui mettevi piede…
E parlavi con gioia e con ardore,
all’uomo d’ogni ceto e d’ogni razza,
del Dio unico e vero,
del Cristo Redentore e della Croce.
Parlavi ad ogni popolo
di libertà, d’amore e fratellanza,
di giustizia e di pace,
di luce e di salvezza…
Ed ogni cuore aprivi alla speranza,
ogni coscienza si destava nuova.

Ti ho visto
quando, vecchio e malato
ma ancora con cuore guerriero
ed immutato ardore,
continuavi a parlare di Dio,
a parlare d’amore…
Ti faceva corona uno stuolo
di cuori liberati, d’anime guarite,
di milioni di giovani rinati…
Ti ho visto passeggiare,
lento e zoppicante, sul sentiero del monte,
dove amavi recarti,
per attingere forza, per gustare
il parlare di Dio nel silenzio dell’uomo.

Ti ho visto,
negli ultimi giorni,
curvo e sofferente, salire il Calvario
per deporre ai piedi della Croce di Cristo
il tuo bagaglio umano…
Ora ti vedo
Sulla cima del monte, sorridente,
ritto e gaudioso, nella luce santa,
col tuo sguardo profondo,
con le tue mani alzate, a benedire
ed abbracciare il mondo!


Costantino Spagnolo  da “Gocce di Rugiada” - Congi Editore

Agli amici di Pertusola Sud

Ero allora, quasi diciannovenne, il più giovane di quel reparto di Pertusola Sud.
Oggi sono uno dei pochi “sopravvissuti” di quella meravigliosa squadra di lavoro.
Da quella gente ho imparato affiatamento, responsabilità, solidarietà vera.
Con loro ho gioito, sofferto, lottato…
Ho sperimentato la dignità di un lavoro onesto e il gusto ineguagliabile del pane sudato.

A loro, nel ricordo indelebile di tanta umile e grande umanità, dedico questa mia poesia. 


Cake Moore

Non rimpiango
l’enorme ossatura di ferro
né le fredde, gigantesche pareti,
né l’alto camino fumante
che oscurava quel lembo di cielo.
Non rimpiango
il tuo spazio crudele,
inquinato da rumori assordanti,
da fumi, da polveri fini
che annebbiavano l’aria.
Non rimpiango
gli attaccaticci ossidi di zinco,
né i mucchi di miscele polverose,
sotto nastri ed elavatori.
Non rimpiango
le fameliche bocche
di piccole e grasse tramogge mai sazie,
né l’altoforno a semitino
con la sua figura di mostro
che ingoiava bricchette
e liberava gas asfissianti
che chiudevano il petto.
Non rimpiango
la sua colata di fuoco
che riempiva crogioli di ghisa,
né il calore cocente
che bruciava la pelle.

Ora che ti vedo demolito
rimpiango soltanto i miei anni
vissuti qua dentro
a scontare peccati non miei
in cambio di un tozzo di pane
condito con pece, carbone, calcare…
Rimpiango compagni di lavoro,
volti severi di uomini rudi
ma dall’animo grande,
votati al lavoro più duro,
incalliti al sacrificio:
umili eroi d’ogni giorno
cui non sorride la vita,
né li consacra la Storia.


Costantino Spagnolo, da “Rassegna di Poeti Calabresi” (1984)